Monaco 1972

Sono passati cinquant’anni dall’attentato di Monaco del 1972, e ieri la Germania si è raccolta per celebrare le vittime israeliane uccise fra il 5 e il 6 settembre durante lo svolgimento delle Olimpiadi estive da un commando palestinese. Le bandiere della città sono state tenute a mezz’asta, e sono state organizzate varie celebrazioni nei luoghi simbolo di quei momenti drammatici, il Villaggio Olimpico e la base aerea di Fürstenfeldbruck. Una biciclettata di 25 chilometri ha ripercorso il tragitto fra i due punti della città.

Questo cinquantesimo anniversario ha segnato un momento importante ed ha finalmente messo fine al contenzioso in corso da allora fra la Germania e le famiglie degli atleti uccisi. Queste infatti hanno sempre sostenuto che i gravi errori commessi dalla polizia tedesca nella gestione della crisi abbiano contribuito a determinarne il tragico epilogo. Per questo motivo, i familiari chiedevano un risarcimento e l’ammissione di responsabilità della Germania. Avevano inoltre avvertito che se un accordo non fosse stato trovato, avrebbero rinunciato a partecipare alla commemorazione dei cinquant’anni.

All’ultimo, il governo tedesco ha annunciato di aver raggiunto un compromesso: verrà accordato un indennizzo di 28 milioni, concessi dallo Stato, dalla Baviera e dalla Città di Monaco. Il presidente della Repubblica Steinmeier ha definito vergognoso il fatto che alla Germania ci siano voluti cinquant’anni per riconoscere i propri errori.

Sebbene differenti corti tedesche abbiano sottolineato come non esista in sé un obbligo giuridico da parte della Germania di risarcire le famiglie delle vittime, si è parlato piuttosto di un obbligo morale, dell’ammissione che diversi errori di valutazione e gestione della crisi siano stati commessi, e della possibilità di rileggere e analizzare i fatti di Monaco 1972 in maniera più lucida e chiara, con la costituzione di una commissione tedesco-israeliana.

L’attentato di Monaco è stato un evento molto complesso, che affonda le radici nel conflitto israelo-palestinese, che nel 1972 stava vivendo una nuova fase calda e che influenzava tutto il mondo. Negli anni e nei mesi precedenti c’erano stati infatti diversi dirottamenti di aerei internazionali da parte di guerriglieri palestinesi, e operazioni mirate dei servizi segreti israeliani all’estero.

La strage alle Olimpiadi di Monaco va quindi inserita in questo contesto. Undici atleti della delegazione olimpica israeliana vennero uccisi per mano di un commando di otto terroristi palestinesi dell’organizzazione Settembre Nero. Nella notte del 5 settembre, gli attentatori superarono la sorveglianza del Villaggio Olimpico e fecero irruzione nelle stanze degli atleti, uccidendone due e prendendone in ostaggio altri nove.

La sorveglianza al Villaggio Olimpico venne superata agevolmente dal commando, perché in effetti era stata tenuta al minimo. Questa decisione aveva principalmente due motivazioni. Da un lato, si trattava della prima Olimpiade tedesca dopo quella del 1936 ospitata dalla Germania nazista a Berlino, e il Paese desiderava segnare una cesura netta con il passato. Le Olimpiadi erano state ribattezzate i “Giochi della Gioia”. Dall’altro, l’Olimpiade precedente, quella del 1968, si era tenuta a Città del Messico, e l’esercito aveva represso con il sangue le proteste studentesche contro i Giochi, lasciando a terra più di 300 persone. Per questi motivi si era deciso che la sicurezza a Monaco sarebbe dovuta essere discreta e i varchi d’entrata al Villaggio Olimpico erano presidiati da semplici volontari.

L’iniziale richiesta avanzata dai terroristi dopo la presa degli ostaggi era la messa in libertà di 234 prigionieri detenuti nella carceri di Israele, e quella dei due vertici della Rote Armee Fraktion, la RAF, un’organizzazione terroristica tedesca di estrema sinistra. A queste richieste, la Premier israeliana Golda Meir si negò con decisione e propose invece l’invio di un reparto israeliano d’elite per risolvere la crisi. L’offerta venne però declinata.

I negoziati continuarono per tutto il 5 settembre, e vari tentativi di intervento da parte della polizia tedesca fallirono perché intercettati dai terroristi. Questo successe anche a causa della maldestra gestione tedesca della crisi nel Villaggio Olimpico: l’area non venne evacuata e nel frattempo giornalisti e agenzie stampa si radunarono nella zona per seguire i negoziati, trasmettendo le immagini in diretta. Tutti, inclusi i terroristi, sapevano cosa stava succedendo nel Villaggio.

Infine, i terroristi chiesero di essere trasferiti con gli ostaggi al Cairo, per proseguire da lì i negoziati. L’Egitto negò l’assenso, ma Berlino organizzò comunque il trasferimento alla base aerea di Fürstenfeldbruck, sperando di ritagliarsi così del margine di manovra. In realtà nulla andò come previsto: il numero di attentatori era stato sottostimato, l’operazione di salvataggio mal organizzata, gli agenti coinvolti mal equipaggiati. I rinforzi arrivarono tardi, perché le strade non erano state bloccate al traffico.

Questa serie di sviste e imprecisioni portarono la polizia tedesca ad aprire uno scontro a fuoco, con i terroristi che uccisero tutti gli ostaggi. Nella sparatoria rimasero uccisi anche anche un agente tedesco, e cinque attentatori. Gli altri tre vennero arrestati, salvo poi essere liberati il mese successivo quando un aereo Lufthansa venne dirottato a Zagabria da Settembre Nero: i tre attentatori di Monaco vennero rilasciati in cambio dei passeggeri.

Le Olimpiadi si fermarono per un solo giorno: il 6 settembre venne organizzato un memoriale, ma successivamente il Presidente del Comitato olimpico internazionale affermò che i Giochi avrebbero dovuto continuare. Le responsabilità vennero rimbalzate dalla Germania a Israele, guastandone i rapporti. Fino ad oggi.