A corto di bollicine

In Italia si parla della carenza dell’acqua frizzante ormai da settimane. Qualche giorno fa anche il colosso delle bevande San Pellegrino si è visto costretto a sospenderne per 48 ore la produzione, prima era stata la volta della Sant’Anna. Il problema è forse quello più fondamentale: per l’acqua gassata serve l’anidride carbonica e questa è sempre più difficile da reperire.

Inizialmente sembrava che si trattasse di un problema italiano: d’altra parte il nostro Paese è uno dei principali consumatori di bevande in bottiglia. In realtà, però, la carenza di anidride carbonica sta colpendo anche altri stati dell’Unione Europea, e in particolare la situazione in Germania è considerata critica. Secondo Associazione Federale dell’Industria Alimentare Tedesca, al momento sarebbe disponibile solo il 30/40% delle normali quantità di CO2. Anche il prezzo è aumentato enormemente: lo scorso anno una tonnellata costava sui 100 euro, ora arriva anche a 3.500.

Se l’acqua frizzante sta diventando un bene sempre più contingentato e costoso, la colpa è dell’aumento generale del costo dell’energia. Infatti, la CO2 per uso alimentare viene solitamente ricavata come prodotto di scarto di altre filiere, in special modo dalla lavorazione dell’ammoniaca. Chi fornisce CO2 al mercato sono quindi principalmente le aziende di fertilizzanti.

A causa della crisi del gas e il rincaro dei prezzi dell’energia, queste aziende hanno ridotto le proprie prestazioni, lavorando a regimi inferiori. Di conseguenza, la quantità di anidride carbonica immessa sul mercato è di molto inferiore a quella necessaria per soddisfare la domanda. Il problema, però, non sta solo nella produzione della CO2, ma anche nel suo trasporto: movimentarla è infatti piuttosto complesso perché la sostanza va mantenuta alla pressione e alla temperatura corretta.

L’acqua frizzante occupa un posto d’onore nelle tavole tedesche

Le aziende di bevande sono state quindi costrette a rallentare, a loro volta, la produzione. Non è però detto che si tratti di una questione temporanea: le associazioni di produttori sono infatti preoccupate per questa carenza anomala, ben distante dai ciclici cali di produzione che si verificano in estate quando vengono prodotti meno fertilizzanti. Alcune imprese rischiano addirittura la bancarotta e stanno quindi chiedendo al governo di intervenire, per dare la priorità sulla CO2 al settore alimentare.

L’anidride carbonica, infatti, non è utilizzata solo nelle bevande gassate, ma anche nella conservazione dei cibi surgelati e di quelli in atmosfera modificata, come le insalate pronte. Anche il processo di imbottigliamento della birra nei fusti ne fa abbondante uso. Si tratta quindi di un problema più ampio, che investe l’intero comparto alimentare.

Chi sta riuscendo a continuare la produzione sono quelle realtà che da tempo utilizzavano metodi alternativi: si tratta di birrerie che ricavano l’anidride carbonica dai processi di fermentazione, e i produttori che imbottigliano acqua minerale che sgorga naturalmente gassata dalla sorgente.

La Germania vanta infatti una serie di fonti d’acqua minerale naturalmente frizzante: queste sono state scoperte già in epoca romana e sono presto diventate apprezzate città termali. Conseguentemente, all’acqua di sorgente è stata associata un’idea di salute e benessere, che si dice essere alla base della popolarità che l’acqua frizzante conserva tutt’oggi fra i tedeschi.

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